24 dicembre 2013

Auguri...


Godiamoci il Natale... senza sensi di colpa!


COME GESTIRE GLI ECCESSI DELLE FESTE SENZA STRESS
Molti di noi accolgono il periodo delle feste con ansia e preoccupazione: quando ci troviamo in difficoltà nella gestione del nostro peso corporeo e della nostra alimentazione quotidiana, i consueti banchetti natalizi possono infatti diventare un problema.
Questo comporta tutta una serie di conseguenze, prima fra tutte il fatto di non godersi appieno un momento speciale qual è quello del Natale, né il piacere della convivialità che l’accompagna. La frustrazione di sentirsi obbligati alla rinuncia proprio in una situazione speciale, in cui l’eccesso ed il gusto fanno da padroni, rende il tutto ancora più sgradevole. Ma non finisce qui… quando si supera il momento delle feste, la frustrazione rimane, innescando una serie di effetti a catena, tipici del circolo vizioso tipico del ‘dieting’: dato che ho rinunciato a tutto prima, adesso è il momento della rivincita! La voglia di eccedere è rimasta, anzi si fa ancora più forte, e così anche la facilità con cui si cederà alle cosiddette successive ‘tentazioni’. A quel punto, la deprivazione delle feste sarà stata completamente inutile, anzi, del tutto controproducente!
arrosto tacchino natale
Come fare allora per evitare di cadere in questo circolo vizioso? Per prima cosa è fondamentale non cadere nel gioco della compensazione, cioè dell’alternanza tra ‘deprivazione’ ed ‘abbuffata’. Non serve cercare di mangiare poco per ‘compensare’ o prevenire eventuali eccessi: questo comporterà solo un aumento del bisogno di alimentarsi e della voglia di alimenti ‘sbagliati’, molto più attraenti in quanto più rapidi a dare soddisfazione al palato. Quello che si può fare invece è mantenere sempre un certo equilibrio durante i pasti normali in modo da essere sempre sazi nel modo giusto, scegliendo per esempio alimenti integrali e vegetali in abbondanza, senza mai affamarsi, in modo da potersi poi godere i momenti speciali come meritano, senza sensi di colpa, consapevoli che dopo questi momenti – occasionali per definizioni – si tornerà all’equilibrio e alla normalità del quotidiano.
Se poi vogliamo fare ancora di più, anche i pranzi e le cene luculliane si possono gestire al meglio attraverso alcune semplici strategie.
Per esempio, non gettiamoci a pesce famelici sul primo vassoio che ci capita a tiro, ma cerchiamo di osservare ciò che c’è a disposizione; notiamo i piatti a base di verdure, e iniziamo il pasto assaggiando quelli: ci aiuteranno ad attenuare la fame e a prepararci meglio a ciò che verrà dopo; nel frattempo, adocchiamo quello che ci piace di più, e tralasciamo ciò che sappiamo non ci darà la stessa soddisfazione. Infine, assaggiando ciò che preferiamo in piccole quantità, potremo goderci tutti i manicaretti senza arrivare a quella spiacevole sensazione (quasi a scoppiare!) che caratterizza sempre il fine pasto natalizio.
Il Natale è un momento speciale: godiamocelo, con consapevolezza e in salute!

Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa clinica, coach alimentare
Segretario Nazionale ASAS
www.coachalimentare.it

10 dicembre 2013

Diabete: educare al cambiamento


L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA PER IL CAMBIAMENTO DELLO STILE DI VITA NEI PAZIENTI DIABETICI – PROGETTO GOVERNO CLINICO DEL PAZIENTE DIABETICO DI NUOVA DIAGNOSI
Mancastroppa G1 (Foto), Gastaldi L1, Pozzoli A2, Zavaroni D1   

1 UOSD Diabetologia e Malattie Metaboliche AUSL Piacenza ; 2 Servizio Dietetico AUSL Piacenza   

Razionale

Negli ultimi anni numerosi studi hanno evidenziato come un trattamento precoce e intensivo del diabete, effettuato dal momento della diagnosi, sia associato ad una migliore prognosi e a una minore frequenza di complicanze croniche. All’opposto, se il compenso glicemico si mantiene a lungo inadeguato, vi è un peggioramento della prognosi e un aumento del rischio di complicanze, con conseguenti ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti stessi e sui costi assistenziali.  L’ostacolo principale alla riuscita di un intervento precoce è rappresentato dal fatto che il diabete è una malattia cronica che può interferire pesantemente con le abitudini di vita dei pazienti. Per essere efficace il trattamento non può quindi limitarsi alla sola prescrizione di farmaci ma deve coinvolgere diverse figure professionali al fine di agire anche sulla sfera psicologica e motivare il paziente ad un cambiamento radicale dello stile di vita. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di costruire un progetto per fornire la migliore assistenza ai pazienti diabetici di nuova diagnosi.

5 dicembre 2013

Progetto DIANA5: cambiare stile di vita è possibile

Dott.ssa Milena Simeoni
Direttore Didattico Lumen
LUMEN è la sede di Piacenza del progetto e collabora con il Dott. Franco Berrino  e con il reparto di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale Tumori. 


Gli studi epidemiologici hanno dimostrato, al di la di ogni ragionevole dubbio, che alti livelli sierici di androgeni e -dopo la menopausa- di estrogeni, favoriscono il successivo sviluppo di carcinomi mammari. Il rischio è più alto in presenza di bassi livelli di SHBG (sex hormone-binding globulin), e quindi di più alti livelli di ormoni sessuali liberi. 
Molti di questi studi hanno inoltre evidenziato un rischio associato ad alti livelli sierici di insulina, C-peptide ed IGF-I (insulin-like growth factor-I), che coopera con gli estrogeni nello stimolare la proliferazione delle cellule epiteliali mammarie. 
L’insulina, infatti, è un determinante importante della sintesi ovarica di androgeni e regola la sintesi epatica di SHBG e di IGFBP-1 e IGFBP-2 (IGF binding protein). 
Queste alterazioni endocrino-metaboliche riconoscono cause sia genetiche che ambientali. La ricerca sui geni che controllano la sintesi e il metabolismo di questi ormoni e fattori di crescita non ha però fino ad ora identificato polimorfismi capaci di spiegare, se non marginalmente, la variabilità interindividuale dei livelli sierici di questi fattori. E’ stato dimostrato, invece, che i livelli di ormoni sessuali sono influenzati dalla massa di tessuto adiposo (dove vengono sintetizzati sia androgeni sia estrogeni), dall’attività fisica (che migliora la sensibilità insulinica) e dalla dieta. 
Un cambiamento complessivo della dieta, volto a ridurre il consumo di zuccheri raffinati e di grassi saturi (che caratterizza l’alimentazione dei paesi ricchi), è in grado di ridurre il livello sierico di insulina e, di

29 novembre 2013

Le insidie dei cibi mediocri


Dr. Salvatore Di MeglioMedico ChirurgoSpecialista in Scienza dell'Alimentazione e Dietologia A.S.L.NA 1 CENTRO (Napoli)

La sana alimentazione è un tema che riguarda tutti: normopeso, sottopeso o sovrappeso-obesi. 
Di solito si pensa a mangiare “meglio” quando si decide di “mettersi a dieta” ma anche senza i chili di troppo è  doveroso fare attenzione a quello che s’ingerisce perché certi alimenti o certi ingredienti usati dall’industria alimentare arrecano danno nel presente ma anche nel futuro. Uno dei problemi alimentari odierni è sicuramente l’eccesso di zuccheri e di farine raffinate. 
L’iperglicemia è quasi costante durante la giornata, per l’introduzione di quantità abnormi di alimenti amidacei e ricchi di zuccheri semplici.
Essa determina da un lato una continua secrezione dell’ormone deputato all’assorbimento del glucosio, l’insulina, e dall’altro la formazione di prodotti cosiddetti di glicazione per la reazione degli zuccheri con le proteine, con i lipidi e con il DNA. 
Conseguenza di tutto ciò è l’aumento della massa grassa, la stimolazione dell’infiammazione di basso grado e l’esasperazione dell’ossidazione dei tessuti.  Situazioni cha rappresentano il ponte verso la comparsa delle malattie cronico-degenerative come le malattie cardio-vascolari, il diabete mellito, la demenza senile, l’ipertensione arteriosa sistemica, le neoplasie, il morbo di Alzheimer, l’insufficienza renale cronica, l’osteoporosi. 

La nostra salute è un vero e proprio fondo di investimento … da quello che “versiamo” giorno dopo giorno dipende quello che troveremo nel futuro.

23 novembre 2013

Il peso dello stile di vita


Dr Antonello Lorenzini
Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie
Università di Bologna


Con il trascorrere degli anni, il nostro stile di vita si riflette nella nostra composizione corporea. Un parametro antropometrico facilmente utilizzabile negli studi epidemiologici è l’indice di massa corporea. Questo indice quando è associato ai dati sulla mortalità ci indica chiaramente che per suoi alti (sopra i 30) o bassi valori (sotto 18.5) il rischio di mortalità si innalza significativamente. Ormai nel mondo la maggior parte dei decessi sono dovuti alle malattie cosiddette “non trasmissibili”, queste sono appunto le malattie in cui il nostro stato antropometrico può avere un'influenza notevole. 
Nel caso del diabete di secondo tipo, per esempio, questa influenza è notevolissima ma anche l’ictus, le malattie coronariche e il cancro sono positivamente associati ad un aumento di peso. E’ importante sottolineare che l’indice di massa corporea ha un influenza maggiore sia sul rischio di patologia che su quello di mortalità. Altri studi epidemiologici provano a predire, inoltre, quale sarebbe il beneficio di una sana alimentazione e dell’attività fisica sulla nostra aspettativa di vita. 
Da questi studi si può ragionevolmente concludere che circa una quarto della nostra vita potrebbe dipendere da come decidiamo di viverla. 

Relazione Dr Lorenzini, Convegno ASAS 2013

13 novembre 2013

Tra il dire e il fare: Il cambiamento



Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, coach alimentare e specialista nella gestione del peso corporeo

L’uomo è in grado attraverso l’apprendimento di costruire nuove abitudini nel tempo trasformandole in routines e trovando in esse piacere e gratificazione. Questo vale per tutti i comportamenti e situazioni che si praticano a lungo consolidandosi così nel tempo.

Ma cambiare le abitudini (come per esempio quelle alimentari e di movimento) e mantenerle non è così semplice né immediato. Si tratta di un processo che richiede tempo e applicazione, e non può avvenire da un momento all’altro solo sulla base della necessità o della volontà personale, ma richiede un adattamento graduale e segue un preciso andamento che non può essere scavalcato o forzato.


Qualunque processo di cambiamento può essere rappresentato attraverso una serie di stadi o fasi sequenziali [1] che tengono conto della disponibilità al cambiamento stesso e della natura dinamica dei comportamenti e che va tenuto sempre in considerazione.

7 novembre 2013

Alimentazione ed esercizio: binomio inscindibile


Prof. Giacinto A.D. Miggiano

Direttore del Centro di Nutrizione Umana dell’Università Cattolica
Responsabile di Dietetica del Policlinico A. Gemelli (Roma)
 
L’uomo, come tutti gli esseri viventi, ricava dagli alimenti le sostanze necessarie per vivere e vivere bene, assecondando anche desideri e soddisfacendo bisogni che non sono strettamente materiali. Il cibo acquista così una valenza simbolica, sia di piacere personale che di relazione sociale fra gli individui di una  comunità. La ricerca della salute e del benessere spinge le persone ad azioni e comportamenti utili al raggiungimento di tale fine: perciò una corretta alimentazione e una regolare attività fisica-sportiva  sono in stretto connubio e, a ben vedere, sono reciprocamente interconnesse.
Infatti, mentre da una parte con una corretta alimentazione l’organismo dispone di  tutto ciò che è necessario per lo svolgimento di una ‘vita attiva’, dall’altra lo svolgimento di un’attività fisica regolare, sia a livello amatoriale che agonistico, permette di mantenere in salute l’organismo (e la sua composizione corporea)  correggendo in qualche modo gli eccessi o i difetti dovuti all’alimentazione disordinata.
Per tale motivo non si verifica mai che un’attività fisica possa prescindere da una sana alimentazione, mentre d’altra parte quest’ultima permette di far esprimere al meglio qualità innate e/o acquisite con l'allenamento.
In definitiva, si può affermare che, sebbene una corretta alimentazione non garantisca  automaticamente di  vincere una gara, chi voglia ottenere una prestazione agonistica di buon livello deve curare la propria alimentazione.

4 novembre 2013

Il benessere è nelle nostre mani


Il benessere è nelle nostre mani”: questo è stato il leitmotiv che ha accompagnato il Convegno Nazionale ASAS 2013. 

Perché in ogni istante siamo chiamati ad effettuare scelte che avranno conseguenze significative per la nostra vita. L’evento si è tenuto a Piacenza il 25 e 26 Ottobre u.s. presso l’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano ed è stato promosso da ASAS (Associazione per la salute correlata all’alimentazione e agli stili di vita) in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

Due gli obiettivi sostanziali:
- smascherare le insidie dell’inconsapevolezza
- dare risalto alle opportunità delle scelte consapevoli

Due soli obiettivi ma di grande portata, due obiettivi per sensibilizzare le coscienze sull’importanza della salute, sulla sua tutela, prima della prevenzione e della cura delle malattie.

19 marzo 2013

Ci puzza la salute


Continuiamo a vivere nell'inganno mediatico. 
Si sposta l'attenzione sulla "notiziabile" manipolazione della libertà di scelta o sulla "inesistente" arroganza di un governo reo di essere consapevole della necessità di salute dei suoi cittadini.
Tutto questo con il solo scopo di allontanare le coscienze -le poche ancora in vita- dal problema reale: l'aumento delle malattie croniche e invalidanti (obesità compresa).
Del resto, mi tocca dire, un mercato tira l'altro.

Portiamo le persone sane ad ammalarsi con la complicità di cibi e bevande mediocri, peraltro grati a palati sempre più deformi che apprezzano solo sapori eccessivi, per attenderle al varco con le terapie.
Figli di una "medicina matrigna", cresciamo con la convinzione che la vita -prima o poi e a prescindere- ci porti alla malattia.
Quindi, attendiamo "beoti" il momento della diagnosi, magari precoce.
Così, s'inizia anche prima il percorso terapeutico che ci accompagnerà sino alla morte.
La salute potrebbe essere, perfino, un ostacolo alla crescita del PIL!
E allora, è meglio produrre malati piuttosto che tutelare i sani. 

Ohibò!


Lo spunto alla riflessione viene da:

14 febbraio 2013

Attivi contro i tumori


L’attività fisica è stata suggerita come mezzo efficace per contribuire ad aumentare la sopravvivenza dei pazienti con cancro e anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’ha inserita tra i nove fattori di rischio modificabili.
Bassi livelli di attività fisica uniti a una condizione di obesità risultano associati a percentuali valutate tra un quinto e un terzo dei tumori del colon, del seno, del rene e dell’apparato digerente. 
L’efficacia di interventi che
comprendano programmi controllati di attività fisica sono già stati analizzati
in letteratura e, per riassumere le prove scientifiche disponibili su questo tema, un gruppo di ricercatrici canadesi ne ha avviato una revisione sistematica.
I risultati, pubblicati su Physiotherapy Canada devono essere interpretati con molta cautela, tuttavia appare confermata la tendenza a una sopravvivenza maggiore tra i pazienti con diagnosi di alcuni tipi di tumore che si sono impegnati ad aumentare i livelli di attività fisica. In particolare, quattro studi su sette hanno mostrato l’efficacia dell’esercizio fisico nelle pazienti con cancro al seno; ma purtroppo le evidenze non sono sufficienti per determinare la quantità ottimale di attività a causa delle differenze dei metodi di misura utilizzati nelle sperimentazioni pubblicate finora.
Riguardo ai meccanismi fisiologici che portano a questi sorprendenti risultati, gli studiosi possono solo avanzare qualche ipotesi, come il potenziamento dell’azione immunitaria, la ridotta insulino-resistenza e i più bassi livelli di estrogeni.
Analogamente si sono riscontrati effetti positivi dell’attività fisica nei pazienti con tumori del colon e del colon-retto. L’esercizio sembra migliorare ulteriormente la sopravvivenza se la pratica si associa ad altri trattamenti antitumorali standard. È interessante notare che l’attività fisica influisce in maniera similare sulla mortalità generale e su quella tumore-specifica, suggerendo un’azione diretta sulla biologia del tumore. Anche in questo caso, si pensa che possa contribuire la diminuzione dell’insulino-resistenza e quindi dei livelli della concentrazione di insulina nel siero. Un’altra possibile spiegazione, specifica per questo tipo di tumori, potrebbe essere il miglioramento del transito intestinale.
La misura più comune dell’intensità di attività fisica è oggi il Met, o equivalente metabolico, dall’inglese Metabolic Equivalent, con cui si indica il consumo energetico e moltiplicando l’intensità per la durata si ottiene l’unità di misura Met-ora. Si è visto che i benefici effetti per il tumore al seno iniziano già a 3 Met-ora alla settimana, mentre nei tumori al colon occorrono almeno 18 Met-ora. È probabile che la ragione dipenda dall’effetto ormonale, specifico per il tumore al seno, che si attiva anche con un’attività fisica meno intensa e prolungata.



FONTE:  Barbaric M. et al. Effects of physical activity on cancer survival: a systematic review. Physiother Can. 2010 Winter;62(1):25-34.


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